EMORROIDI
La malattia emorroidaria è caratterizzata dalla dilatazione varicosa dei vasi artero-venosi, detti plessi emorroidali, situati nel retto. A seconda del grado di progressione della patologia si differenziano in: emorroidi di 1° grado, quando i vasi sono debolmente dilatati, non prolassano ma possono però sanguinare; emorroidi di 2° grado, quando i vasi dilatati prolassano al di là del canale anale in seguito a sforzi eccessivi (evacuazione, gravidanza, parto, ecc.), con ritorno spontaneo; emorroidi di 3° grado, nei casi in cui il prolasso da sforzo non rientra spontaneamente ma è ancora riducibile manualmente; emorroidi di 4°grado, allorchè il prolasso avviene indipendentemente da qualsiasi sforzo ed è ormai irriducibile manualmente.
La progressione si verifica perché i tessuti che sostengono le vene si stirano e, come risultato, le vene si dilatano, le loro pareti divengono più sottili e sanguinano. Se la tensione e la pressione continuano, le vene indebolite prolassano. Nella maggior parte dei casi la malattia emorroidaria è caratterizzata dall’alternanza tra fasi acute (caratterizzate dalla formazione di tumefazioni bluastre di consistenza dura che generalmente prolassano provocando dolore intenso, bruciore e sensazione di corpo estraneo) e periodi di latenza, in cui il soggetto convive con la problematica senza averla in realtà risolta e che in qualsiasi momento può evolvere in crisi emorroidale.
I FATTORI PREDISPONENTI
I fattori che incidono maggiormente sull’insorgere di malattia emorroidaria sono la predisposizione ereditaria, l’alimentazione e lo stile di vita. La familiarità si evidenzia in quei soggetti con debolezza generale delle pareti venose e conseguente propensione non solo alle emorroidi ma alla formazione in genere di varici (soprattutto agli arti inferiori). In questi casi la tendenza alla dilatazione vasale e al prolasso dipende dalla propensione genetica allo stiramento delle pareti vasali e dei tessuti connettivi di sostegno del retto.
L’alimentazione, inoltre, gioca un ruolo chiave nell’insorgere della problematica emorroidaria. Innanzitutto, gli eccessi alimentari e alcuni cibi in particolare (cioccolato, caffè, carni suine, ecc.) caricano di super lavoro l’intestino e gli organi deputati alla digestione e alla depurazione (pancreas, fegato, cistifellea), limitando perciò l’efficienza circolatoria, con il risultato che il sangue fatica a defluire e tende a “stagnare”. I cibi raffinati e conservati, tipici dei nostri giorni e della nostra società, e la carenza di fibre, l’eccesso di proteine animali (soprattutto carni e latticini) rendono difficile le funzioni intestinali e a lungo andare creano disbiosi, con sintomi che vanno dalla stitichezza alla colite.
Se a ciò si aggiungono l’assunzione frequente/abuso di medicinali, in particolare lassativi e antibiotici, i quali depauperano la flora fisiologica benefica, e le diffuse intolleranze alimentari, spesso non diagnosticate e perciò trascurate, è facile comprendere il perché l’intestino diviene un luogo “malato” (in questa condizione le emorroidi ingrossate possono facilmente diventare una realtà). Le abitudini di vita sedentarie aggravano la situazione, contribuendo a rendere difficoltoso il ritorno venoso.
Ulteriori fattori di rischio sono la prolungata stazione eretta, lo stare a lungo seduti e praticare sport quali equitazione, motociclismo o ciclismo, poiché alla lunga possono indebolire le strutture di sostegno del canale anale. Nella donna inoltre l’aumento di pressione pelvica, soprattutto durante la gravidanza ma anche in alcuni momenti del ciclo mestruale, costituisce un ulteriore fattore di predisposizione.
L’APPROCCIO PER LE EMORROIDI CRISI ACUTE E CICLI DI PREVENZIONE
Si basa su 4 aspetti fondamentali:
1. Agire a livello sistemico migliorando le condizioni della circolazione venosa con elementi specifici ad attività venotonica e favorendo contemporaneamente la pulizia selettiva e il recupero delle funzionalità dell’intestino
2. Agire a livello locale con prodotti che, oltre a lenire, disinfiammare e calmare il dolore, rafforzano le pareti dei vasi anali e ne favoriscono il recupero della funzione contenitiva
3. Seguire una dieta adeguata volta ad apportare fibre, a correggere la disbiosi intestinale, a favorire la depurazione dell’organismo e a fornire all’organismo nutrienti (vitamine A, C, E, gruppo B, bioflavonoidi) che aiutano a rafforzare l’integrità delle pareti venose
4. Consentire al corpo di autorafforzarsi modificando abitudini di stile di vita errato.